mercoledì 2 dicembre 2015

IL MISTERO DEL POZZO, IL CASO DI ANNA MARIA "ANNARELLA" BRACCI

Anna Maria "Annarella" Bracci
Ci sono storie che vengono ricordate con orrore, storie che riescono a inorridire più di una generazione e che vengono tramandate come leggende del terrore, che rimangono impresse nella mente e che cerchiamo di accantonare in un angolo buio di essa perché, solo a pensarci i brividi corrono lungo la schiena come una locomotiva sulle rotaie. Questa è una storia di violenza, sogni premonitori, stranezze e lunghi silenzi, una storia che ha segnato la capitale e l'Italia dell'immediato dopo guerra, questa è la storia di Anna Maria Bracci.
Anna Maria Bracci era una ragazzina di dodici anni che abitava con la madre Marta Fiocchi separata dal marito e numerosi fratelli, nell'impervio e degradato quartiere di Primavalle a Roma, esattamente in via Lorenzo Litta lotto 25 scala L, era nata il 15 dicembre del 1937, cresciuta troppo in fretta a causa del contesto sociale in cui si era trovata a vivere, sembrava infatti più grande delle ragazzine della sua età. Aveva i capelli e gli occhi neri, era ubbidiente e aiutava la madre nei lavori domestici; un giorno esattamente il 18 febbraio 1950 sabato grasso, la madre la mandò a comprare del carbone e a prendere una bottiglia di olio dalla vicina di casa, ma non fece mai più ritorno. Nessuno la vide più, sembrava essere svanita nel nulla e come se non bastasse le ricerche iniziarono tardivamente, gli inquirenti si mobilitarono in lungo e in largo solo dopo che gli abitanti del quartiere protestarono in maniera sostenuta. Il 3 marzo 1950 in fondo ad un pozzo di via Torrevecchia vicino alla Pineta Sacchetti in aperta campagna fu trovato il corpo della povera ragazzina, senza gonna ne mutandine; il corpo presentava una profonda ferita alla testa inferta da una arma da taglio che fu cercata invano nel pozzo e nei dintorni, inoltre furono individuati segni di una tentata violenza sessuale. Un particolare che rese questo delitto ancora più agghiacciante fu, che i medici che effettuarono l'autopsia accertarono che Anna Maria cercò di difendersi e che venne picchiata, colpita alla testa, gettata nel pozzo ancora viva creduta morta dal suo aggressore e che probabilmente morì in un secondo tempo annegata nelle gelide acque. Le indagini iniziarono con un fatto quantomeno singolare, riguardante il nonno della giovane perché fu proprio lui a guidare polizia e carabinieri sul luogo del ritrovamento, raccontando di avere visto il pozzo in un sogno e di sapere che la nipote si trovava lì sul fondo; questa strana e macabra testimonianza gli fece intascare la somma di trecentomila lire che a quel tempo erano molti soldi, messa a disposizione dal barone di origini pugliesi Melodia, per chiunque avesse fornito notizie utili e attendibili agli inquirenti, ma tale fatto causò anche l'immediato inserimento del nonno nel registro degli indagati. Poco dopo, le indagini presero una svolta quando qualcuno parlò e rivelò che la ragazzina era stata vista il giorno della scomparsa seduta su un muretto, che mangiava delle castagne in compagnia di un uomo di nome Lionello Egidi. Ma chi era costui?
Il pozzo dove fu ritrovato il corpo di "Annarella"
Lionello Egidi era un amico della famiglia di Anna Maria, era sposato con due figli e di professione faceva il giardiniere, non solo qualche volta quando c'era bisogno aiutava la madre della ragazzina. Lionello venne quindi preso in custodia e condotto in carcere dove rimase per sette giorni.
Stando al racconto che rilasciò Egidi, furono giorni d'inferno, fu picchiato selvaggiamente al punto da renderlo irriconoscibile anche alla propria famiglia, successivamente al giudice raccontò di aver confessato l'omicidio di Anna Maria perché altrimenti le percosse a suo carico da parte degli inquirenti non sarebbero terminate. Il 18 gennaio 1952 il giardiniere venne assolto, ma poco dopo durante una festa sull'Appia Antica, Egidi molestò una giovane e fu condannato a tre anni e mezzo di carcere. Nel 1955 ebbe luogo il secondo grado del processo per la piccola Annamaria nel quale Lionello fu dichiarato colpevole e condannato a ventisei anni e otto mesi di reclusione. Sembrava che finalmente il responsabile dell'omicidio di Anna Maria fosse stato assicurato alla giustizia, ma arrivò un altro colpo di scena: il momento della Cassazione, che si limitò soltanto a controllare se tutte le fasi dell'intero processo fossero state svolte senza errori, stabilendo inoltre che la condanna arrivò anche dall'influenza negativa derivante dalle molestie perpetuate dal giardiniere sulla ragazzina dell'Appia Antica, assolvendo così definitivamente l'imputato il 14 dicembre 1957. Lionello Egidi tornò in libertà tra i commenti al veleno di chi lo considerava colpevole e difeso invece da chi lo reputava innocente, fatto sta che pochi anni dopo nel 1961 il giardiniere vide di nuovo le porte del carcere spalancarsi per restavi altri cinque anni a causa di molestie, questa volta su un ragazzino.
Il caso di "Annarella" quindi rimase irrisolto, la povera adolescente oggi riposa da quel triste giorno nel cimitero del Verano nella cappella di Raniero Marsili dove, sulla facciata è stata appesa una targa che la ricorda come vittima della perversione umana. All'epoca lo stesso funerale, fu celebrato in maniera tale da rimanere ben impresso nella vita sociale del tempo, gli stessi funzionari del comune insieme alle alte cariche della polizia e a più di centomila persone accompagnarono il feretro trasportato da un cocchio bianco trainato da quattro grandi cavalli anch'essi bianchi, il tutto pagato dall'amministrazione comunale di Roma. Nel quartiere di Primavalle è stato creato un parco giochi per bambini che porta il suo nome, a dimostrazione del ricordo indelebile per le generazioni presenti e future di una giovane rimasta vittima di una losca figura che forse non ha mai pagato per il male inflitto a lei, alla sua famiglia e alla comunità intera rimasta inorridita da quanto accaduto.
Il cocchio con il feretro di  Anna Maria Bracci
Il corteo Funebre
Lionello Egidi

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