mercoledì 23 dicembre 2015

IL MISTERO DELLA DONNA DECAPITATA, IL CASO DI ANTONIETTA LONGO

Antonietta Longo
Questo è orrore vero e proprio, questa è una storia violenta e macabra che ha sconvolto l'Italia dell'epoca dove, un assassino rimasto ignoto per sessant'anni non ha avuto nessuna pietà per la sua vittima, questa è la storia di Antonietta Longo.
Era il 10 luglio del 1955, la televisione in Italia era presente da poco e la capitale si era svuotata per le vacanze estive; a Castelgandolfo due amici Antonio Solazzi di professione meccanico e Luigi Barboni sagrestano, decisero di fare un gita al lago Albano, si recarono verso le tre del pomeriggio al ristorante "La culla del Lago" dove presero un barca a remi a noleggio, dopo di che si diressero verso la riva di Acqua Acetosa. Dopo qualche centinaio di metri di colpi di remo, Solazzi avvertì un bisogno fisiologico e attraccò alla riva, scese dalla barca e si diresse verso un punto appartato, quando la sua attenzione fu catturata da qualcosa di strano ed allo stesso tempo di raccapricciante: il corpo completamente nudo di una donna che giaceva a terra con un foglio di giornale sul tronco, ma l'uomo guardando ancora più da vicino si accorse che al corpo mancava la testa. Antonio inorridito corse ad avvisare subito l'amico e i due presi dal panico scapparono via, tanta fu la paura e l'angoscia che i due amici avvisarono le autorità solo il 12 luglio vale a dire due giorno dopo il ritrovamento. Di chi era quel cadavere? Chi era quella donna?
Gli inquirenti avviarono subito le indagini sotto il comando del capo della omicidi Ugo Macera, all'esame medico che fu effettuato dal professor Antonio Carella il cadavere, oltre che ad essere stato decapitato presentava numerose ferite da arma da taglio sul ventre e sulla schiena, ma il particolare più macabro ed agghiacciante fu che alla donna le furono asportate le ovaie con un procedimento da chirurgo, successivamente dopo altre accurate analisi risultò invece un metodo definito "da macellaio" Il luogo del ritrovamento inoltre dette la piena certezza che la donna fu uccisa esattamente nel posto in cui fu ritrovata, lo testimoniava la grande quantità di sangue che aveva intriso il terreno. Gli investigatori si concentrarono su un orologio marca Zeus che era al polso della donna che risultò essere stato prodotto solo in centocinquanta esemplari e sulla pagina del giornale che risultò essere una copia del Messaggero trovato sul corpo che riportava la data del 5 luglio. Inoltre presero in analisi tutte le segnalazioni di donne scomparse in quell'arco di tempo e il risultato portò due nomi Anna Maria Brasca moglie di un pugile e Antonietta Longo una cameriera che prestava servizio nell'abitazione di un medico della capitale. La prima donna fu rintracciata e quindi esclusa, la vittima quindi non poteva essere altro che Antonella Longo. Per essere ancora più precisi e sicuri sull'identità della vittima, gli inquirenti rintracciarono e fecero arrivare dal paese di Mascalucia in provincia di Catania per il riconoscimento del corpo due donne, Grazia e Concettina Longo possibili sorelle della vittima; non vi furono dubbi, le due donne durante la fase del riconoscimento accertarono da due particolari: i mignoli delle mani sporgenti verso l'esterno ed il quarto dito dei piedi più lungho degli altri, che quel corpo straziato era della sorella, successivamente anche quell'orologio trovato sul polso della vittima diede ulteriore conferma sull'identità della donna segnalando che era un regalo che il nipote Orazio Reina le fece. Ma chi era esattamente Antonella Longo?
Un momento della ricerca nel lago della testa di Antonietta
Antonietta era una ragazza del paese di Mascalucia, un paese ai piedi dell'Etna dove era nata il 25 luglio 1925, figlia di artigiani rimasta orfana all'età di tre anni andò a vivere con le sorelle Grazia e Concettina ma viste le condizioni economiche precarie della famiglia Antonietta fu messa in un convento dove visse per degli anni. Quando abbandonò l' istituto ormai donna decise di cercare una vita migliore altrove; decise così di andare nella capitale dove avrebbe lavorato come cameriera presso la famiglia di un medico il dottor Gasparri.
Le indagini furono rivolte a far luce sull'esistenza della  donna ed alla ricostruzione degli ultimi giorni di vita della stessa; sappiamo infatti che la vittima qualche mese prima della scomparsa ritirò tutti i suoi risparmi pari a 331.000 lire che all'epoca erano un ingente somma di denaro e la depositò in una cassetta di sicurezza nella stazione ferroviaria di Roma Termini dove, furono ritrovate anche due valige con all'interno biancheria intima ed un corredo matrimoniale, ma non la somma di denaro, dove era finita? Successivamente la cameriera chiese alla famiglia datrice di lavoro un mese di ferie. Fu vista il giorno 1 luglio lasciare la sua abitazione verso le ore 22.00 e questo, suscitò l'attenzione del portiere del palazzo perché era un ora abbastanza insolita per Antonietta. Aveva acquistato un biglietto del treno per andare al suo paese di origine ma, invece di partire soggiornò in una pensione della capitale.
Fu ritrovata una lettera che la donna aveva scritto e spedito in data 5 luglio alla sua famiglia, nella quale sosteneva di aver conosciuto un uomo di qui era molto innamorata e corrisposta e che di li a breve si sarebbe sposata ( tra poche ore sarò sua ), inoltre sperava di dare la gioia di un nipotino ai suoi fratelli, ma chi era quell'uomo?  Poteva la donna tenere nascosto qualcosa ai suoi cari?  Quale poteva essere la causa scatenante di un omicidio così efferato? Per gli inquirenti il movente doveva essere cercato nella vita di Antonietta, che a loro dire aveva delle zone d'ombra. Le indagini frugarono nel privato della donna e portarono all'individuazione del suo probabile fidanzato, un uomo di nome Antonio, ma da numerosi controlli e interrogatori non emerse niente di rilevante e l'individuo fu messo da parte. Il caso di Antonietta Longo arrivato ad un punto morto, fu archiviato lasciando molti quesiti e supposizioni che ancora oggi sono presenti. Forse una gravidanza nascosta e poi scoperta da qualcuno che era contrario? Forse una questione di denaro? Da ricordare che la somma di denaro non fu mai trovata; il suo assassino non fu mai scoperto. Il corpo fu sepolto nel cimitero di Mascalucia suo paese natale nella cappella dedicata a San Vito e San Nicola di Bari. La storia consegnerà alla povera Antonietta il fatto di essere ricordata dalla cronaca nera come "La decapitata del lago di Bracciano" dove, probabilmente ancora oggi da qualche parte potrebbe trovarsi la sua testa.


mercoledì 2 dicembre 2015

IL MISTERO DEL POZZO, IL CASO DI ANNA MARIA "ANNARELLA" BRACCI

Anna Maria "Annarella" Bracci
Ci sono storie che vengono ricordate con orrore, storie che riescono a inorridire più di una generazione e che vengono tramandate come leggende del terrore, che rimangono impresse nella mente e che cerchiamo di accantonare in un angolo buio di essa perché, solo a pensarci i brividi corrono lungo la schiena come una locomotiva sulle rotaie. Questa è una storia di violenza, sogni premonitori, stranezze e lunghi silenzi, una storia che ha segnato la capitale e l'Italia dell'immediato dopo guerra, questa è la storia di Anna Maria Bracci.
Anna Maria Bracci era una ragazzina di dodici anni che abitava con la madre Marta Fiocchi separata dal marito e numerosi fratelli, nell'impervio e degradato quartiere di Primavalle a Roma, esattamente in via Lorenzo Litta lotto 25 scala L, era nata il 15 dicembre del 1937, cresciuta troppo in fretta a causa del contesto sociale in cui si era trovata a vivere, sembrava infatti più grande delle ragazzine della sua età. Aveva i capelli e gli occhi neri, era ubbidiente e aiutava la madre nei lavori domestici; un giorno esattamente il 18 febbraio 1950 sabato grasso, la madre la mandò a comprare del carbone e a prendere una bottiglia di olio dalla vicina di casa, ma non fece mai più ritorno. Nessuno la vide più, sembrava essere svanita nel nulla e come se non bastasse le ricerche iniziarono tardivamente, gli inquirenti si mobilitarono in lungo e in largo solo dopo che gli abitanti del quartiere protestarono in maniera sostenuta. Il 3 marzo 1950 in fondo ad un pozzo di via Torrevecchia vicino alla Pineta Sacchetti in aperta campagna fu trovato il corpo della povera ragazzina, senza gonna ne mutandine; il corpo presentava una profonda ferita alla testa inferta da una arma da taglio che fu cercata invano nel pozzo e nei dintorni, inoltre furono individuati segni di una tentata violenza sessuale. Un particolare che rese questo delitto ancora più agghiacciante fu, che i medici che effettuarono l'autopsia accertarono che Anna Maria cercò di difendersi e che venne picchiata, colpita alla testa, gettata nel pozzo ancora viva creduta morta dal suo aggressore e che probabilmente morì in un secondo tempo annegata nelle gelide acque. Le indagini iniziarono con un fatto quantomeno singolare, riguardante il nonno della giovane perché fu proprio lui a guidare polizia e carabinieri sul luogo del ritrovamento, raccontando di avere visto il pozzo in un sogno e di sapere che la nipote si trovava lì sul fondo; questa strana e macabra testimonianza gli fece intascare la somma di trecentomila lire che a quel tempo erano molti soldi, messa a disposizione dal barone di origini pugliesi Melodia, per chiunque avesse fornito notizie utili e attendibili agli inquirenti, ma tale fatto causò anche l'immediato inserimento del nonno nel registro degli indagati. Poco dopo, le indagini presero una svolta quando qualcuno parlò e rivelò che la ragazzina era stata vista il giorno della scomparsa seduta su un muretto, che mangiava delle castagne in compagnia di un uomo di nome Lionello Egidi. Ma chi era costui?
Il pozzo dove fu ritrovato il corpo di "Annarella"
Lionello Egidi era un amico della famiglia di Anna Maria, era sposato con due figli e di professione faceva il giardiniere, non solo qualche volta quando c'era bisogno aiutava la madre della ragazzina. Lionello venne quindi preso in custodia e condotto in carcere dove rimase per sette giorni.
Stando al racconto che rilasciò Egidi, furono giorni d'inferno, fu picchiato selvaggiamente al punto da renderlo irriconoscibile anche alla propria famiglia, successivamente al giudice raccontò di aver confessato l'omicidio di Anna Maria perché altrimenti le percosse a suo carico da parte degli inquirenti non sarebbero terminate. Il 18 gennaio 1952 il giardiniere venne assolto, ma poco dopo durante una festa sull'Appia Antica, Egidi molestò una giovane e fu condannato a tre anni e mezzo di carcere. Nel 1955 ebbe luogo il secondo grado del processo per la piccola Annamaria nel quale Lionello fu dichiarato colpevole e condannato a ventisei anni e otto mesi di reclusione. Sembrava che finalmente il responsabile dell'omicidio di Anna Maria fosse stato assicurato alla giustizia, ma arrivò un altro colpo di scena: il momento della Cassazione, che si limitò soltanto a controllare se tutte le fasi dell'intero processo fossero state svolte senza errori, stabilendo inoltre che la condanna arrivò anche dall'influenza negativa derivante dalle molestie perpetuate dal giardiniere sulla ragazzina dell'Appia Antica, assolvendo così definitivamente l'imputato il 14 dicembre 1957. Lionello Egidi tornò in libertà tra i commenti al veleno di chi lo considerava colpevole e difeso invece da chi lo reputava innocente, fatto sta che pochi anni dopo nel 1961 il giardiniere vide di nuovo le porte del carcere spalancarsi per restavi altri cinque anni a causa di molestie, questa volta su un ragazzino.
Il caso di "Annarella" quindi rimase irrisolto, la povera adolescente oggi riposa da quel triste giorno nel cimitero del Verano nella cappella di Raniero Marsili dove, sulla facciata è stata appesa una targa che la ricorda come vittima della perversione umana. All'epoca lo stesso funerale, fu celebrato in maniera tale da rimanere ben impresso nella vita sociale del tempo, gli stessi funzionari del comune insieme alle alte cariche della polizia e a più di centomila persone accompagnarono il feretro trasportato da un cocchio bianco trainato da quattro grandi cavalli anch'essi bianchi, il tutto pagato dall'amministrazione comunale di Roma. Nel quartiere di Primavalle è stato creato un parco giochi per bambini che porta il suo nome, a dimostrazione del ricordo indelebile per le generazioni presenti e future di una giovane rimasta vittima di una losca figura che forse non ha mai pagato per il male inflitto a lei, alla sua famiglia e alla comunità intera rimasta inorridita da quanto accaduto.
Il cocchio con il feretro di  Anna Maria Bracci
Il corteo Funebre
Lionello Egidi