domenica 25 ottobre 2015

IL MISTERO DELLA MORTE E DELLA SEPOLTURA DI MARIA DE MEDICI

Questa è una storia antica, che affonda le sue radici nel tempo e che attraversa i secoli fino ai giorni nostri. Questa è la storia della misteriosa morte di una ragazza illustre, di diciassette anni e della sua sepoltura, sulla quale ancora oggi si posa un velo di mistero, rendendola una dei personaggi maggiormente interessanti, appartenuti ad una delle dinastie più importanti e potenti della nostra storia: i Medici.
Maria de Medici
Maria de Medici era la prima figlia di Cosimo I granduca di Toscana e di Eleonora di Toledo, nacque il 3 aprile 1540 e fu battezzata all'Opera di Santa Maria del Fiore come "Maria et Lucretia". Sulla breve vita della principessa sappiamo veramente poco, ma sulla sua morte sappiamo che esistono due differenti versioni che fanno sorgere una domanda: omicidio o morte naturale?
In un documento redatto da Francesco Settimanni si può leggere:
"Addì XIX di Novembre 1557. Circa a ore 8 1/2 di notte la Sig.ra Donna Maria primogenita del Duca morì di veleno statole dato per ordine del Padre e privatamente fù sepolta nella chiesa di San Lorenzo"
Queste righe hanno dato vita all'ipotesi di un omicidio che inevitabilmente, ha fatto calare questa storia in un sorta di leggenda, che rafforzerebbe l'alone di mistero che aleggia intorno a questa dinastia, in particolare su Cosimo I. Il granduca infatti avrebbe fatto uccidere sua figlia con il veleno, perchè avvisato da un informatore di corte, su una sua relazione con un paggio figlio del marchese Jacopo Malatesta; difatti i due erano stati visti più volte abbracciati a scambiarsi effusioni nelle stanze delle damigelle. Cosimo I geloso ed infuriato perchè Maria era stata già promessa ad Alfonso d'Este duca di Ferrara, dette l'ordine di somministrare alla figlia il potente veleno, che le avrebbe dato la morte di lì a qualche giorno. Successivamente avrebbe ordinato anche l'omicidio del paggio, che scomparve in brevissimo tempo.
Il luogo della sepoltura di Maria fu, fin dai tempi più antichi oggetto di studio ed indagini da parte di cronisti e storici. Filippo Baldinucci raccolse notizie sui depositi della basilica di San Lorenzo e si accorse di una strana correzione sul documento del ventiseiesimo deposito, il quale riportava la scritta:
"1557 Sig(no)ra Ma" come se qualcuno avesse modificato la dicitura.
Esistono altre fonti che darebbero per sicura la sepoltura di Maria in San Lorenzo, una fra queste è una pagina del "Libro Nero de' morti" degli ufficiali di Grazia, sulla quale compare una scritta con inchiostro nero indicante:
"Signora Maria fiola  dello ill.mo s.re Duca di Firenze rip.a in San L.zo alli 22"  la sepoltura di Maria il 22 di novembre nella basilica di san Lorenzo."
Altro documento quasi certo, è presente nello "Spoglio dei Morti 1501-1600" dell'archivio di San Lorenzo, il quale riporta la dicitura:
"Ill.ma S. Vegna Maria di Messere Cosimo de Medici Duca di Firenze morì adì 19 di 9bre 1557" e dopo qualche riga successivamente:
" 1557 Vegna Maria del Duca Cosimo la primogenita sep.ta quì".
Fino a questo punto dunque, si direbbe che Maria sia sepolta a Firenze in San Lorenzo, ma allora perchè il mistero della sua sepoltura? La domanda è logica, visto che in San Lorenzo non vi è alcuna sepoltura che fa riferimento alla principessa e che ad oggi nelle cappelle dei Principi è assente una tomba destinata a Maria. Il mistero è qui che entra in scena, perchè esiste un'altra versione della morte e della successiva sepoltura della principessa, suffragata dagli scritti dello storico e profondo conoscitore delle fonti della famiglia Medici Guglielmo Enrico Saltini. Lo storico scrive:
" Intanto la corte in quaresima andossene a Pisa e poi in autunno a Livorno... e fu appunto in questa città, in sul cadere dell'ottobre, che la principessa Maria venne sorpresa da una gravissima infermità di febbri, le quali presto si scopersero petecchiali e senza cadere a rimedio alcuno, prima le tolsero miseramente la conoscenza e infine la spensero a' 19 di novembre 1557". Successivamente in un altro passaggio del suo saggio aggiunse:
" Il duca, la duchessa e i fratelli la piansero amaramente... Cosimo in que' giorni della disgrazia, perduta quasi la sua consueta costanza, non sapendo frenare il cocentissimo affanno, si serrava talora, tutto solo, sopra un terrazzo del castello (in Livorno) sfogando con un lungo e disperato pianto la passione del cuore" e per terminare:
" Non si fecero alla principessa Maria solenni esequie, non comportandolo, secondo il cerimoniale d'allora, la sua giovanile età, ne si recò il suo cadavere alla capitale ( Firenze) per deporlo in San Lorenzo; ma venne privatamente sepolta in Livorno nell'oratorio del Castello.".Per Saltini quindi Maria morì e fu sepolta nella città labronica; un'altro studioso che abbracciò questa tesi fu Gaetano Pieraccini, che nella prima pubblicazione del 1924 della sua grande opera "La stirpe de' Medici di Cafaggiolo"
scrisse in maniera sintetica:
"La Maria venne sepolta a Livorno, nell'oratorio del Castello", ma solo nell'edizione successiva del 1947 egli più dettagliatamente riportava:
"La Maria Medici venne sepolta , nell'oratorio del Castello, che dopo molti anni prese il nome di Chiesa di S. Antonio. Sopra la parete della chiesa si trovava una lapide che ricordava Maria e ne segnava la sepoltura; ma nel bombardamento tedesco del 1944 la Chiesa andò distrutta e si è perduta ogni traccia dell'epigrafe e della tomba". Questo è quello che afferma Pieraccini, però è strano, perchè secondo fonti autorevoli già nel 1935 fu deciso di demolire la chiesa di San Antonio e soltanto nel 1942 iniziarono i lavori di demolizione, poi la guerra finì nel radere al suolo la chiesa. Pieraccini nonostante ciò, sempre più convinto della sua tesi, inviò una lettera al canonico Balzini parroco del duomo di Livorno, dove lo invitava a trovare conferme e così avvalorare la sua teoria. Non ci è dato sapere se il canonico Balzini rispose mai a Pieraccini, ma in un documento datato 1773 il quale faceva riferimento a tutte le sepolture livornesi, non comparve mai nessun riferimento al seppellimento di Maria all'interno di San Antonio, nè tanto meno alla sua lapide, smontando così la tesi di Pieraccini. Contro la teoria del Pieraccini ci furono anche altre ricerche, che si risolsero con il mancato ritrovamento di documentazione inerente alla sepoltura di Maria, il che fa pensare, perchè la sepoltura di un personaggio così importante, qualche traccia dovrebbe averla lasciata. Neanche documenti originali del tempo scritti da Andrea Pagni segretario personale di Cosimo I ci svelano il mistero, infatti in due lettere inviate dal segretario il 15 e il 17 novembre 1557 da Firenze a Pisa al diplomatico Bartolomeo Conticini per sapere le condizioni della ragazza, non viene menzionata la località dove si trova la principessa.
Questa è la storia della morte di una ragazza di diciassette anni, il cui personaggio è legato a doppio filo alla dinastia dei Medici e agli enigmi che l'avvolgono, e noi non possiamo fare altro che domandarci cosa realmente sia successo a questa sfortunata principessa.



giovedì 22 ottobre 2015

ELVIRA ORLANDINI

Elvira Orlandini
Questa è una storia piena di lati oscuri, rimasta nell'ombra, quasi dimenticata, ma a quel tempo ebbe una grande risonanza al tal punto di scuotere l'Italia del dopoguerra, accaduta in un luogo dove non ti aspetti, in un piccolo paese della Toscana, dove tutti si conoscono ed il faticoso lavoro nei campi viene scandito dai rintocchi delle campane della piccola chiesa, che segnano il passare delle ore. Una storia dove piano piano, fanno il loro ingresso personaggi, i quali magari sono stati lasciati un pò in penombra. E' il  5 giugno del 1947, la guerra è da poco finita, si parla ancora delle scorribande del bandito Salvatore Giuliano e a Roma si lavora sulla costituzione italiana, ma nel paese di Toiano è un giorno come tutti gli altri. Sono le due del pomeriggio, i contadini sono nei campi e le donne sono in casa a fare i lavori domestici. Nel paese ci sono i preparativi per la festa del Corpus Domini. Una ragazza di ventidue anni, mora e formosa, considerata la più bella del paese, di nome Elvira Orlandini figlia di Antonio e Rosaria, dopo avere rigovernato, esce di casa con una brocca in mano avvisando la madre che sarebbe andata a prendere l'acqua alla fonte, distante da casa circa cinquecento metri. Lungo il tragitto Elvira incontra una sua amica, Iva Pucci, alla quale chiede se fosse andata con lei a prendere l'acqua, ma Iva le risponde che lei l'acqua ce l'ha già. Elvira salutata la donna continua a camminare verso la fonte e arrivata inizia a riempire la brocca.

Passate circa due ore e non vedendola arrivare, mamma Rosaria impensierita, comincia ad incamminarsi verso la direzione della figlia, chiedendo a chiunque incontra lungo la strada se avevano visto la sua Elvira. Spaventata e con il panico che cresce, Rosaria torna indietro verso casa a chiamare il marito Antonio, il quale allertato dalla moglie lascia il lavoro nel campo ed insieme al cognato Giovanni si precipita verso la fonte.
Arrivati sul posto, i due uomini in particolare Antonio, notano una chiazza di sangue e tracce di trascinamento, che dalla fonte vanno giù verso il fitto bosco, come se qualcuno avesse trascinato qualcosa di pesante spezzando i piccoli rami della boscaglia. La zona si chiama Botro della Lupa ed è caratterizzato proprio da questo fitto bosco che parte dalla fonte e si allarga scendendo verso valle. Antonio si addentra nella boscaglia seguito da Giovanni che rimane a una decina di metri di distanza. Ad un tratto Antonio nota a terra le ciabatte di Elvira, messe in ordine una sopra l'altra accanto alla brocca. Continuando a camminare per circa venti  metri dove il bosco diventa sempre più fitto, scorge quello che gli occhi di un padre non vorrebbero mai vedere; il corpo privo di vita della figlia. Elvira giace su un fianco sopra una grande pozza di sangue che ricopre il sottobosco, con la gola tagliata quasi da un orecchio all'altro.
Antonio pur rendendosi conto che la figlia era morta, la afferra per il busto e la trascina insieme a Giovanni quasi fino alla fonte. Nel frattempo due ragazzi che passano di li in bicicletta, vedono quello che sta succedendo e prestano il loro aiuto. Vengono allertati subito i carabinieri del posto.

Scoccano le cinque, la processione del Corpus Domini termina e tutti cominciano ad incamminarsi verso il luogo del ritrovamento del corpo, anche lo stesso prete, riposto tutto il materiale per la funzione segue la stessa direzione.
Verso le sei, arriva dal comando dei carabinieri di Palaia il maresciallo Leonardi, che da quel momento prende in mano le redini dell'indagine. Da subito il maresciallo ha dei sospetti nei confronti del fidanzato di Elvira, Ugo Ancillotti. Ma chi è Ugo Ancillotti? Ugo Ancillotti è un reduce dalla Germania, ex soldato che finita la guerra, si era messo a fare il contadino. Considerato da tutti un uomo senza grilli per la testa, con un carattere tranquillo, avrebbe dovuto sposare di li a poco Elvira. Ma allora perchè uccidere in quel modo la fidanzata non che futura moglie? Il maresciallo Leonardi comincia a indagare sul rapporto della coppia prima dell'omicidio, avvalendosi oltre che delle prove indiziare di alcune macchie di sangue umano trovate sui suoi pantaloni, l'alibi poco credibile dell'orario dell'omicidio in cui Ugo dice di essere stato a casa a dormire e provato solo da i suoi genitori e quindi non attendibile; anche delle inevitabili voci di paese, le quali si sa arrivano all'orecchio e alla svelta. Si dice che Ugo sia molto geloso e che i due per questo motivo litigassero spesso. Un paio di volte si erano restituiti le loro cose, come se si dovessero lasciare, ma poi tutto tornava come prima. Si dice che Elvira andasse frequentemente da sola ad aiutare il cognato Luigi Giubbolini alla baracca. Si vocifera anche su una presunta discussione per un anello di fidanzamento, comprato da Ancillotti a Pontedera e che non fosse stato di gradimento ad Elvira. Il maresciallo Leonardi è convinto che l'omicidio sia il frutto di una discussione andata oltre le righe e che a sgozzare Elvira sia stato proprio lui, il fidanzato. Dopo appena quattro giorni dall'omicidio Ugo Ancillotti viene arrestato e condotto in carcere in attesa di processo, il quale inizia a marzo del 1948 presso il tribunale di Pisa, seguito da tutta l'Italia divisa tra innocentisti e colpevolisti.

La gente del paese 

Nel frattempo nel paese di Toiano tutti i suoi compaesani sono con lui e lo sostengono con grandi cartelloni scritti a mano situati nella piazza del paese. Si proprio così, in tanti sono convinti dell'innocenza di Ugo, anche perchè elementi in sua difesa ce ne sono e non sono pochi. Partiamo dal ritrovamento delle impronte sul luogo del delitto, che erano più piccole di quelle dell'imputato. La questione delle ciabatte di Elvira, che erano messe a terra in maniera ordinata accanto alla brocca d'acqua, il che fà pensare che la vittima conoscesse l'assassino e che l'avrebbe seguito volontariamente all'interno del bosco. La mattina del 5 giugno, giorno dell'omicidio, Elvira e Ugo erano insieme a messa e dopo lui l'ha riportata a casa verso le 13:30. Come avrebbe fatto in circa un'ora Ugo a lasciare Elvira, andare a casa, mangiare e tornare giù alla fonte per aspettare la vittima? Potrebbe essere veramente l' assassino? Fermiamoci un attimo, c'è da aggiungere una cosa, un particolare che rende questa storia ancora più intrigata e misteriosa. Elvira per aiutare la sua famiglia andava a servizio da alcuni nobili svizzeri, potenti e conosciuti, che avevano una villa a Toiano e dove vi trascorrevano alcuni mesi dell'anno, la famiglia Salt. Il signor Salt aveva un figlio dell'età di Elvira il quale aveva messo gli occhi sulla ragazza e non si era fatto scrupoli a corteggiarla. Di questo figlio non abbiamo notizie, strano? Eppure le voci confermano che le attenzioni e i corteggiamenti c'erano e anche palesi. Girano voci di paese, quelle che arrivano all'orecchio e alla svelta, quelle che magari dicono che è meglio lasciar stare i Salt in particolare il figlio del signor Salt, perchè non si sà mai quello che può succedere a parlare di gente come loro; però qualcuno sà. Qualcuno sà di una lettera anonima recapitata a Ugo Ancilotti la quale lo redarguiva da sposare Elvira perchè era meglio così. Strano? Girava voce che Elvira fosse anche sfruttata dalla sua famiglia e considerata un pò come la sguattera tutto fare.

Il processo nei confronti di Ancillotti continua e viene fatto persino un altro sopralluogo in presenza dello stesso imputato con le manette ai polsi il quale richiama centinaia di persone sul posto.
Dopo alcune udienze, di cui una sospesa per paura dell'incolumità dello stesso imputato, il processo finisce e Ancillotti viene rinviato a giudizio. Il secondo processo invece viene svolto presso la corte d'Assise di Firenze, nel quale il 21 luglio 1949  Ugo Ancilotti viene assolto per insufficienza di prove

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Ugo Ancillotti con la madre dopo l'assoluzione

Oggi di quella brutta, triste e misteriosa storia rimane solo il lontano ricordo. I nostri personaggi sono tutti deceduti, anche Ugo morto di recente a novantuno anni non c'è più. Toiano stesso per qualche strano scherzo del destino è morto, è ridotto ad essere un paese fantasma, quasi come volesse calare il sipario sulla verità. Di questa brutta storia rimane solo la villa della famiglia Salt, che nel corso degli anni ha cambiato proprietari e sembra essere una silenziosa custode del tempo e della verità; e quando capita di osservarla al di fuori del grande cancello ci si domandi che cosa sia veramente successo a quella ragazza di ventidue anni.